La vicenda è stata
resa nota dal movimento Automobilisti Vessati
Un poliziotto sarebbe intervenuto fuori dal servizio, mentre
si recava al lavoro, per bloccare un’autovettura che aveva appena consumato una
grave infrazione al codice della strada, ma giungeva una volante della Polizia che
gli ritirava la patente e lo denunciava. La vicenda, che appare alquanto
surreale, si è consumata nel dicembre 2012 nei pressi di Ostia, ma ora, alla
chiusura delle indagini preliminari, il nostro movimento ha deciso di renderla
nota. Ci sembra doveroso, visto che da sempre difendiamo strenuamente l’operato
delle forze dell’ordine, pilastro basilare del nostro sistema democratico,
cercare di contribuire a fare chiarezza su un evento che , aldilà del reale
svolgersi dei fatti, merita la dovuta attenzione e riflessione su dei punti, a
nostro avviso dubbi, che presenta, e nella vicenda in sé, ma soprattutto in
vicende di contorno con cui va inevitabilmente a intrecciarsi, e per fare ciò
chiediamo l’interessamento di tutte le realtà associazionistiche,
movimentistiche e partitiche, al fine di dare il maggior risalto possibile
presso la pubblica opinione e l’interessamento fattivo del Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano, del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, del
Ministro dell’Interno Angelino Alfano, del Capo della Polizia Alessandro Pansa
e del Questore di Roma Massimo Mazza.
Andiamo con ordine. Una mattina il poliziotto in questione, in
base a quanto dallo stesso dichiarato in atti, durante il tragitto percorso per
andare a prendere regolarmente servizio, si trova in fila al semaforo
posizionato all’altezza dell’incrocio in cui via del Lido di Castel Porziano si
immette su via Cristoforo Colombo. A un certo punto scatta il verde e
un’autovettura che lo precede si stacca dalla fila sorpassandola. Una condotta
pericolosissima che spesso in quel posto ha provocato incidenti. Il poliziotto
un attimo dopo fa lo stesso, “con le cautele del caso” come dichiarerà. La
volante, appartenente al Commissariato di Ostia, in fila anch’essa, compie la
stessa manovra e, subito dopo il semaforo, ordina l’alt alle due autovetture
contestando l’infrazione. Il poliziotto fermato, tesserino alla mano, scende
immediatamente dichiarando le sue intenzioni di fermare l’autovettura, contento
per la presenza della pattuglia, che avrebbe potuto procedere al suo posto, e
immediatamente viene freddato dalla reazione del suo collega, un vice
sovrintendente, che gli comunica che avrebbe elevato il verbale di
contravvenzione a suo carico con relativo ritiro di patente, contestandogli il
superamento dei veicoli al semaforo. Non entriamo nel merito di quanto avvenuto
successivamente, in quanto ognuno ha riportato in atti la sua versione dei
fatti; il vice sovrintendente, che sembrerebbe essere un simpatizzante di
Benito Mussolini, avrebbe detto: “Tu a me
per il culo non mi ci prendi, io vengo dalla squadra mobile e non mi faccio
prendere per il culo da te”, con l’aggiunta di “oggi non è proprio giornata”, mentre nell’atto di denuncia della
pattuglia si legge che l’agente multato avrebbe pronunciato: “Io ho già rovinato l’ispettore ******* e
l’ispettore ******** del Commissariato di Ostia
e sicuramente rovinerò anche voi”. Lasciamo a chi di competenza
l’accertamento del reale svolgersi dei fatti, in particolare di quest’ultima
fase dell’accaduto.
Invece teniamo a sottolineare che i due ispettori cui si fa
riferimento, in realtà sono due ispettrici che, in servizio nella notte a
cavallo tra il 4 e il 5 luglio 2007, furono protagoniste di una vicenda dai
contorni poco chiari insieme allo stesso poliziotto multato che, come affermato
in atti “era stato costretto a vergare
una relazione di 18 pagine all’ex dirigente del suo commissariato dott. Rosario
Vitarelli”. Sembra che l’agente avesse subito un tentativo di investimento
da parte di una persona in rapporti con il tristemente noto clan mafioso Spada
di Ostia, nei confronti della quale aveva presentato delle denunce in
precedenza per vari reati. Visto che, a suo dire, il tale era in stato di
ebbrezza, questi chiese l’intervento di una volante per farlo accompagnare in
commissariato, per denunciarlo in merito all’accaduto e in particolar modo per farlo
sottoporre a test alcoolemico. Ebbene, in una notte di luglio, quando sul
litorale era in atto una massiccia azione di controllo da parte delle forze
dell’ordine contro alcool e droga, le due ispettrici pare non siano riuscite a
reperire un etilometro, né tantomeno, in alternativa abbiano ritenuto di
sottoporre la persona, a cui era stato permesso di restare con la moglie al suo
fianco durante la permanenza in commissariato, a esame ematico in ospedale. Per
di più, non si comprende come e da chi, notizie altamente riservate e coperte
da segreto d’ufficio, sia relative agli atti di quella notte, sia relative
all’attività professionale e financo allo stato di salute del poliziotto,
furono riferite all’avvocato del fermato che ribaltò a suo favore la vicenda
denunciando il poliziotto per arresto illegale e calunnia, nonostante non
sembra sia mai esistito un verbale d’arresto, mentre la condotta del tizio
rimase così impunita, nonostante la presenza di certificati di Pronto Soccorso
che attestavano le lesioni successive al tentato investimento. Addirittura
anche la moglie, il cui accompagnamento non era stato mai richiesto e neanche
era stata mai citata nell’atto di denuncia, divenne magicamente arrestata. Tra
l’altro pare fosse già noto che alcuni mesi prima il tizio fermato si era
presentato con un autorevole esponente del clan, molto conosciuto alle cronache giudiziarie, sotto casa del
poliziotto per minacciarlo e malmenarlo insieme al fratello con un bastone, la
cui conseguente denuncia giace presso il Giudice di Pace, per il mancato
sequestro del bastone da parte della volante intervenuta nell’occasione. Suona
davvero curioso leggere dalle cronache degli strepitosi successi ottenuti
contro il clan Spada (l’ultimo qualche giorno fa) da parte di commendevoli e
valorosi uomini del Commissariato di Ostia, con cui ci complimentiamo, essere a
conoscenza del valore di servitori dello Stato che hanno svolto il loro
encomiabile servizio presso lo stesso ufficio, alcuni pensionati altri
purtroppo deceduti prematuramente (e tra tutti teniamo a ricordare il grande
Marino Carosi), e poi constatare che in una notte di luglio due ispettrici appartenenti
allo stesso commissariato non siano riuscite a svolgere un’attività banale come
quella di sottoporre a test alcoolemico, per motivi indubbiamente plausibili ma
che onestamente ci sfuggono, un personaggio in rapporti con il clan stesso.
Per tornare all’episodio dell’infrazione contestata,
addirittura l’agente multato è stato indagato anche per falsità ideologica
commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.) perché “falsamente
attestava” nella relazione di servizio redatta presso l’ufficio di appartenenza
nella stessa mattinata (per recarvisi è stato costretto a spendere anche i
soldi del taxi visto il ritiro della patente) “spinto da comando imperioso e spontaneo di appartenente alla Polizia di
Stato, con le cautele del caso, superavo anch’io la fila per valutare come
fermare la vettura in parola e contestare l’infrazione consumata”.
Onestamente ci chiediamo come si faccia a stabilire se tale dichiarazione sia
vera o falsa. Come si fa a stabilire che
il poliziotto non si fosse lanciato in quella manovra per imporre l’alt alla
vettura che lo precedeva per censurarne la condotta? Comunque noi gli crediamo.
E lo facciamo in virtù del suo curriculum professionale, che è costellato di innumerevoli
interventi effettuati libero dal servizio, sempre a beneficio della sicurezza
dei cittadini, per contestare svariate condotte illecite, spesso anche a
rischio della vita, per sventare furti o per arrestare rapinatori (per questo
ha ottenuto anche un encomio). Ironia della sorte, nel 2004, in occasione di un
furto sventato a un tabaccaio, quando giunse proprio presso il Commissariato di
Ostia per errore fu scambiato per il palo e fu trattenuto fino alle 7,00 di
mattina, quando si chiarì la questione. Se tutti i poliziotti si comportassero
in questo modo anche fuori dal servizio saremmo indubbiamente più protetti e siamo
fieri che ci siano poliziotti così, che ci siano quelli come Filippo Raciti, e non solo quelli che hanno ucciso Federico
Aldrovandi, e noi tutti abbiamo il dovere di tutelarne la dignità e
l’onorabilità, altrimenti le cellule sane soccombono e, inevitabilmente,
emergono le poche mele marce, che vanno a inficiare l’impegno e il grande senso
del dovere della maggioranza. Perché l’agente multato (non ce ne voglia se lo
chiamiamo così), con un siffatto percorso lavorativo, questa volta avrebbe
dovuto far finta di niente di fronte a un’infrazione così grave e pericolosa? Inoltre,
quasi in perfetta coincidenza temporale con l’evento e col notevole disagio
subito, anche a causa del ritiro di patente, lo stesso si è ammalato di crisi
ipertensiva e, per quanto clinicamente l’eziologia di tale patologia sia
multifattoriale, la collocazione temporale non può passare inosservata. Tanto
più che la morbosità è scemata dopo alcune settimane, ripresentandosi però, in
forma aggravata dopo alcuni mesi, guarda caso proprio in concomitanza del non
accoglimento del ricorso al verbale da parte del Prefetto di Roma,
deliberazione stranamente avvenuta senza che fosse rispettata la previsione del
comma 1 dell’art. 203 del Codice della Strada, relativa all’audizione, per la
quale il poliziotto non è stato convocato, nonostante l’audizione stessa fosse
stata esplicitamente richiesta.
Tra l’altro dagli atti risulta anche che il poliziotto sia
stato multato per l’uso del telefono cellulare durante la guida, intenzione che
sembrerebbe essergli stata riferita solo un’ora dopo. Ed è qui che questi
avrebbe reagito dicendo che si trattava di un abuso. Il verbale di
contestazione parla di telefono cellulare impugnato con la mano sinistra.
Peccato che l’agente sia stato colpito in passato da una grave patologia all’orecchio
sinistro, ampiamente documentata, e non può parlare tenendo il telefono
all’orecchio sinistro, tanto meno guidando, a rischio di finire subito fuori
strada. Egli ascolta solo tramite l’orecchio destro. C’è un’infinità di persone
che può confermare questa circostanza, nonché delle foto scattate in anni
antecedenti all’evento, che rappresentano certamente una coriacea piattaforma
probatoria. E d’altronde ci risulta altamente improbabile che un individuo,
salvo che sia dotato di un’incredibile dose di incoscienza, possa compiere una
manovra così pericolosa, per di più in presenza di lavori in corso e col fondo
stradale scivoloso, come specificato in atti, addirittura parlando al telefono
cellulare.
Dagli atti emerge che la denuncia sarebbe scattata al
termine di tutta la vicenda, che sarebbe durata oltre un’ora, e solo dopo che
il poliziotto multato avrebbe chiesto al vice sovrintendente come mai fosse lui
alla guida del veicolo, essendo un sottufficiale, invece di occupare il posto
del capopattuglia come solitamente avviene. A questo punto questi avrebbe
risposto “con un’espressione
comportamentale che definirei escandescente, urlando si rivolgeva verso di me
pronunciando le seguenti frasi: ‘Chi cazzo sei tu per dirmi chi deve guidare,
ora ti denuncio e ti faccio vedere se ti passa la voglia di rompere il cazzo.
Datemi un verbale per fare l’elezione di domicilio”. L’agente è stato
denunciato inizialmente per minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale. Ciò che
ci fa riflettere è la parola “escandescente” riferita a un poliziotto, che ci
instilla forte timore per la sicurezza dei cittadini, in un mestiere così
delicato e pieno di responsabilità, che sottopone costantemente a tensione e
stress. Ci chiediamo, nel dubbio che il termine usato rispecchi esattamente lo
stato emotivo espresso in quel frangente, è opportuno che questi lavori per
strada armato in mezzo alla gente, o sarebbe magari più prudente adibirlo a
mansioni d’ufficio?
In conclusione ci auguriamo che tutta la vicenda non vada a
scalfire il senso del dovere del poliziotto multato, che tra l’altro, presso un
reparto dove lavorava in passato, sembra abbia subito gravi vessazioni,
iniziate dopo una lunga assenza dal servizio a causa di un grave incidente
stradale, interrotte nel 2005, nella forma più aggressiva, da una denuncia
presentata dallo stesso in procura. Il nostro auspicio è che questi continui ad
intervenire, con immutata sensibilità professionale, quando le circostanze ne
richiedano l’azione, ed è per questo che ribadiamo la necessità di fare
chiarezza, perché, alla luce di quanto scritto nelle pagine della sua storia
professionale, indugi o tentennamenti di sorta, che sarebbero anche umanamente
comprensibili, rappresenterebbero una sconfitta per tutti i cittadini e un po’
di tutela in meno.
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